L’associazione

Perché AlterNative?

Da quando la crisi economica ha invaso i nostri telegiornali, quotidiani e vite, il concetto di crisi è diventato centrale nel definire la fase storica che stiamo attraversando. Nei discorsi mediatici come nel senso comune (le due cose strettamente collegate), la crisi si è imposta, soprattutto in occidente, come momento di rottura del nostro tempo, uno spartiacque evidente tra un mondo “pre-crisi” e uno “post-crisi”. In quest’ottica, il mondo “pre-crisi” ha assunto le connotazioni del “paradiso perduto” o dell’ “età dell’oro”, un mondo più ricco, sicuro e facile del quale si dimenticano o si eclissano tutte le criticità e incongruenze macroscopiche che di fatto hanno portato a questa crisi. Il mondo “post-crisi” invece, è un mondo che non c’è ancora, è un mondo che sta (ormai da un po’ di anni) per arrivare, una terra promessa nella quale giungeremo: una volta superata questa crisi, una volta usciti da questa crisi, una volta che questa crisi sarà finita, ecc…E come sarà questa “terra promessa”? Ovviamente e irrazionalmente questa terra promessa sarà più o meno uguale al “paradiso perduto”: il pil tornerà a salire, la disoccupazione rimarrà un ricordo e tutti saranno più ricchi e più felici. Tale visione, (tipica purtroppo di gran parte degli economisti mainstream), non è però utile ad analizzare il presente e ad affrontare in maniera critica i problemi che oggi sono comunque innegabili. Inoltre non nascondendo la crisi dietro ad un prefisso ma mettendola al centro dell’analisi, risulterà chiaro come in questa crisi – l’ennesima del sistema capitalista, sistema critico, instabile e trasformista per definizione -, siano da rintracciare quegli elementi di continuità in grado di costruire una lettura unitaria del nostro passato più o meno recente e quindi di fornire le basi per un cambiamento che non sia solo un parziale, momentaneo e precario aggiustamento o addirittura semplice slogan. Quali sono le ragioni di questa crisi di “sistema” in grado di sprecare una tale mole di energia a fronte di risultati spesso miseri o nefasti? Per rispondere a questa domanda bisogna però affrontare due diverse questioni: la diffusione planetaria di un modello economico e la sua criticità. Già questo primo aspetto del modello economico occidentale: la sua diffusione ed espansione; è ricco di conseguenze di diversa entità, segno e natura. Conseguenze che eccedono sempre l’ “economico”, che si dimostrano spesso eterogenee e imprevedibili, che presentano alcune luci e molte ombre, il cui tratto comune è l’incontro/scontro del resto del mondo con l’Occidente e la sua spinta omologante. Questa “occidentalizzazione del mondo”, per citare il saggio di Serge Latouche, sociologo ed economista francese, riguarda infatti non solo l’aspetto economico dei paesi e dei popoli interessati (ormai almeno in parte l’intera umanità), ma anche e spesso ancor più quello culturale e simbolico. E qual è l’ariete o, se si preferisce, il cavallo di troia di questo Occidente? Capace di aprirgli le porte del mondo? La vera religione del nostro tempo: la Scienza. La Scienza, elemento fondante della “modernità” e del “progresso”, armi concettuali potentissime nel sottomettere l’Altro, in grado di piegare e intrecciare le categorie di tempo e spazio fino a trasformare il diverso in arretrato, la resistenza in ritardo; la Scienza, Verità in grado, come per incantesimo, di fornire potere e forza a chi viene rivelata, i cui dogmi sono la tecnica occidentale e il calcolo matematico (vero esperanto del nostro tempo); la Scienza capace di fagocitare antichi e giovani saperi con la sua spinta assolutizzante basata sulla misurazione; la Scienza, culto misterico di una setta (gli accademici), portatrice di una Verità sempre più relativa e sempre più inutile, che non riesce a fare i conti con il dubbio, l’eccezione, la complessità o l’errore, pena la sua perdita di potere. Proprio in questa spinta omologante della globalizzazione/occidentalizzazione è già riscontrabile la prima grande debolezza e rischio per la contemporaneità: il “pensiero unico”; la “ricetta” occidentale, al di là del suo contenuto e delle sue “dimensioni”, è un pensiero limitato, non inclusivo e quindi povero di alternative. Al di là dei limiti, dei malfunzionamenti e delle innegabili assurdità del nostro attuale modello economico, non esiste la “giusta ricetta”, da inventare o ritrovare, in grado di regalare la felicità (ricordiamoci che questo è il fine esplicito del capitalismo liberista) a chiunque la applichi o di risolvere tutti i problemi prescindendo dal luogo e dal tempo in cui si verificano e dalla comunità che ne è interessata. Ci sono invece numerose “ricette”, numerosi “saperi”, infiniti problemi, indefinite varianti, diversi attori e perfino diverse felicità. Di fronte a tale scenario caratterizzato da grande complessità, i paradigmi produzionista e performativo (vero caposaldo della cultura occidentale e del suo imperium), incapaci di accogliere ciò che rallenta, complica o è privo di utilità immediata, devono lasciare spazio ad un paradigma pluralista attento a conservare (a risparmiare) tanto le risorse e le energie quanto le idee e i saperi. Dedicandoci ora alla seconda questione posta sul tavolo: dove risiedono le criticità croniche del nostro “sistema economico-sociale”? Risiedono nel rapporto che la società capitalista ha instaurato con l’ambiente che la circonda e nel quale è inserita. Un rapporto che è di sfruttamento come in qualsiasi sistema economico (ricordando la definizione Polaniyana di economia come “l’interagire tra l’uomo e il suo ambiente naturale e sociale, al fine di raggiungere il sostentamento e la soddisfazione dei suoi bisogni”), ma il cui fine ultimo non è, a differenza di ogni altro sistema economico, il sostentamento dell’uomo. Non lo è perché l’uomo in quanto uomo è escluso da questo sistema e vi può entrare solo come venditore o compratore (tutti gli altri termini che nel tempo sono stati utilizzati per negare tale semplice realtà sono da rifuggire), cioè solamente come attore di una società di mercato; non lo è in quanto il fine perseguito da questa società è il solo profitto, profitto il cui rapporto col sostentamento e con la soddisfazione dei bisogni materiali (anche individuali), è molto più complesso di quanto si è portati a pensare, ed è spesso antagonistico (tradotto: i soldi non danno la felicità ma non danno nemmeno aria o acqua pulita); e inoltre perché tale profitto è un profitto privato che non riguarda l’uomo ma un uomo. Non è quindi l’uomo il centro del mondo ma il Mercato che è diventato protagonista monopolizzante dell’economia contemporanea quasi fino a nascondere tutte le altre pratiche economiche (scambio, dono, proprietà collettive, un semplice orto, ecc…), pratiche che precedono, hanno accompagnato e supereranno questa società di mercato. Per concludere perché ALTERNATIVE? In altre parole qual è la risposta, l’idea, la soluzione che rappresentiamo? Ci si permetta di fare poesia, citando Eugenio Montale: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.” Come abbiano già detto una soluzione non esiste e una risposta soccomberebbe sotto troppe domande…ci sono però gli esempi, le proposte, gli interrogativi, le critiche, le risposte; in una parola la sfida, che tutte queste pratiche economiche e sociali alternative muovono alle visioni “mondo-mercato” e “mondo-merce”. Alternative vuole raccogliere questa sfida e in una prospettiva glocal, studiare, sperimentare e (dove virtuose) promuovere tali pratiche economiche e sociali alternative.

Il progetto AlterNative

Il progetto AlterNative riunisce le esperienze e il know-how di alcuni giovani bresciani. Neolaureati, ricercatori e appassionati il cui percorso di vita e di studio ha portato ad occuparsi ed approfondire tematiche legate alla sostenibilità ambientale, alla pianificazione territoriale, al calcolo dei costi sociali d’impresa e alla tutela e promozione della biodiversità culturale e agricola nel contesto bresciano. Le attività del progetto, in particolare, sono tese alla ricerca, alla promozione e alla divulgazione di tematiche scientifiche legate ai campi dell’ecologia, delle scienze sociali (sociologia e antropologia culturale) e della geografia. Inoltre, il progetto intende promuovere nuove pratiche di sostenibilità legate ad un più razionale utilizzo delle risorse naturali e culturali presenti nel territorio bresciano, a partire dalla creazione e dallo sviluppo di nuove forme di impresa sostenibile In questo senso le principali attività che coinvolgono il progetto riguardano innanzitutto l’organizzazione di percorsi didattici e formativi rivolti a persone singole di ogni fascia d’età, a scuole, ad enti pubblici e privati, ad aziende e associazioni. Inoltre si vuole offrire un servizio di consulenza negli ambiti della pianificazione e della valorizzazione del territorio, anche in chiave eco-turistica: promozione e/o organizzazione di eventi culturali legati alla riscoperta di tradizioni locali e tipicità agroalimentari. Si intende infine promuovere la divulgazione scientifica attraverso l’organizzazione di seminari, convegni, eventi con relativa pubblicazione di materiale informativo per favorire la diffusione di una nuova sensibilità ambientale in un contesto fortemente compromesso come quello bresciano.