Agricoltura della Canapa. Possibilità e prospettive.

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Commercial hemp, Darlingford, Manitoba, Canada.

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“Nel presente numero di GAIA proponiamo un interessante articolo del Dott. Giulio Bergamini, sociologo ambientale ed agitatore agro-culturale che lavora in Veneto. In questo contributo si tratta di un tema tornato prepotentemente di attualità negli ultimi mesi a seguito della proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis. Nel suo articolato contributo, Bergamini ci illustra uno degli aspetti più sottovalutati nei dibattiti inerenti la cannabis (solitamente incentrati pricipalmente sui temi connessi al suo uso come farmaco/stupefacente), ovvero il suo valore come prodotto agricolo. Nella prospettiva, cara ad AlterNative, della riscoperta e rielaborazione di saperi agricoli (e quindi di produzioni) tradizionali, il ritorno alla produzione su vasta scala della canapa offre varie ed interessanti opportunità. Nella prima parte del suo contributo, Bergamini illustra le caratteristiche principali della canapa e dei prodotti da essa derivabili; nella seconda parte ci si concentra invece sugli apetti più “tecnici” della coltivazione, con una panoramica generale sulla preparazione del terreno, la semina, l’irrigazione etc. Nella terza parte viene trattato l’aspetto legale/giuridico di questa attività, mentre nell’ultima parte ne vengono analizzate le possibilità economiche in termini di costi e di ricavi.”

di Giulio Bergamini

1 | Proprietà e origini

La Canapa è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Cannabinacee, è a ciclo annuale e la sua altezza può variare dai 1,5 a 2 metri, fino ad un massimo di 5 metri di alcune varietà, ed un diametro da 0,5 a 2 cm.

Lo stelo è composto da una superficie esterna, contenente fibre lunghe e molto resistenti, e da un nucleo interno legnoso. Dallo stelo della canapa si ricavano quindi: la fibra ad uso tessile, la stoppa (fibra di qualità inferiore), utilizzata ad esempio per la produzione di carta, ed il canapulo, cioè il residuo legnoso, che per essere utilizzato viene triturato per ottenere particelle di diverse dimensioni e utilizzato in bioedilizia o come biomassa. Dai fiori invece si estraggono i semi, utilizzati per fini alimentari (olio di canapa, farine, ecc.) o di cosmesi. Generalmente è una pianta dioica, ciò significa che possiede fiori unisessuali che crescono su individui di sesso diverso, ma esistono anche varietà monoiche (fiori di sesso diverso sulla stessa pianta), più adatte alla coltivazione da seme. La pianta germina in primavera e fiorisce in estate inoltrata e prima della formazione dei fiori non è possibile riconoscere il sesso. Preferisce terreni umidi ma teme i ristagni d’acqua, soprattutto nelle prime fasi di crescita. Non ha bisogno di pesticidi e fertilizzanti e necessita di pochissima irrigazione; ha dimostrato di resistere alla carenza d’acqua meglio di tutte le altre colture industriali. La canapa è una pianta estremamente resistente, che può crescere praticamente ad ogni latitudine senza l’uso di fertilizzanti e pesticidi. Nel suo ciclo di vita sequestra ingenti quantità di carbonio, per via della crescita molto veloce (in media 120 giorni). Anche la resa in biomassa è particolarmente alta: durante il ciclo di crescita, se defogliata meccanicamente, la maggior parte della biomassa ritorna sul suolo e si decompone velocemente. Ha inoltre un effetto di bonifica dei terreno perché assorbe sostanze inquinanti come zinco e mercurio. Durante la raccolta, infine, le radici vengono lasciate a terra mantenendo il suolo compatto e funzionando da condotta di areazione per il sottosuolo. Prove dell’utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico. Il più antico manufatto ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all’ 8000 a.C. La cannabis fornisce da millenni un’ottima fibra tessile, e principalmente per questo cominciò ad essere coltivata ed utilizzata in epoche antiche, in Asia e in Medio Oriente. Già nel XVI secolo si cominciò a coltivarla nell’Inghilterra orientale, ma la sua produzione commerciale iniziò in Occidente nel XVIII secolo. La fibra di canapa è stata per diversi secoli anche la materia prima per la produzione di carta, tanto che la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America venne ratificata formalmente su fogli di canapa il 4 luglio 1776. In passato la coltivazione agricola della canapa era molto diffusa nelle zone medioeuropee, per la sua facile crescita anche su terreni difficili da coltivare con altre specie di piante (zone paludose e terreni sabbiosi nelle pianure dei fiumi), e per la grande quantità di prodotti che se ne ricavavano: soprattutto fibre tessili, corde e carta dai fusti, olio dalla spremitura dei semi, oltre a mangime e altri prodotti commestibili per il bestiame. In Italia veniva coltivata in tutte le regioni. Per gli usi industriali, soprattutto in Emilia e Campania e per la produzione di sementi in Piemonte. Tuttavia dalla metà del Novecento, con l’avvento del proibizionismo, l’uso delle fibre della canapa è fortemente diminuito.

2 | Utilizzi

2.1 | La fibra tessile

I tessuti di canapa sono ricavati dalla lavorazione della componente fibrosa dello stelo della pianta. Le fibre sono cave e igroscopiche e la combinazione di queste proprietà dona ai tessuti di canapa un’elevata capacità   termoisolante   e   traspirante   insieme, pertanto sono freschi d’estate e caldi in inverno, inoltre la canapa è una tra le fibre naturali più resistenti, sia all’azione meccanica (usura e strappi) che alle deformazioni, grazie a questa caratteristiche un  indumento  di  canapa  risulta  essere  morbido, confortevole, fresco con il caldo e coprente con il freddo, resistentissimo, indeformabile e duraturo. Ma i tessuti di canapa rivelano altre caratteristiche ancora più speciali: sono riflettenti sia dei raggi ultravioletti che degli UVA (fino al 95%), schermanti dai campi elettrostatici, non conducono l’energia elettrica, non irritano la pelle perché sono anallergici e tengono lontani i batteri dalla superficie del nostro corpo. Più robusta e resistente al logorio e alla trazione, veniva utilizzata per realizzare vele per le navi, corde per legare i fasciami e per il governo delle imbarcazioni e dei veicoli a trazione animale; veniva inoltre usata per tende, calzature, abbigliamento da lavoro. Era di canapa l’abbigliamento degli operai stagionali che da San Bernardo di Carmagnola si spostavano al porto di Marsiglia per fabbricare corde – il loro farsetto chiamato Carmagnole divenne uno dei simboli della Rivoluzione Francese; erano inoltre di canapa i primi jeans, portati sul lavoro dagli operai del porto di Genova, e poi passati ai cow boys americani (Levi’s).

2.2 | La carta di canapa

Una volta estratta la fibra tessile o dopo aver raccolto i semi, rimangono la stoppa e la parte legnosa  (o  canapulo), che non si possono considerare solo un semplice sottoprodotto,ma un’altra importante materia prima. Con la stoppa della canapa si può fabbricare una carta di alta qualità, sottile e resistente, che in passato sostituiva la moderna carta prodotta dal legno d’albero sminuzzato e sbiancato con processi chimici. Fabbricare carta dalla canapa comporta un vantaggio anzitutto per la sua enorme produttività di massa vegetale, e in secondo luogo perché la si può ottenere da un’unica coltivazione, insieme alla fibra tessile, ai semi, alle foglie e al legno del fusto. Un altro vantaggio è costituito dalla bassa percentuale di lignina (ne contiene circa il 20%) rispetto al legno di albero, oltre a un’analoga percentuale di sostanze leganti. Il processo per ottenere le microfibre pulite di cellulosa dal legno di alberi, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi, impiegati per macerare il legno. Questa operazione, ad un tempo costosa ed inquinante (e che si serve di derivati del petrolio), non è necessaria con la carta di canapa, ottenuta dalla sola fibra. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco, e la carta che se ne ottiene è dunque già stampabile. Per renderla completamente bianca, ad ogni modo, è sufficiente un trattamento al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), invece dei composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno degli alberi. Con le corte fibre cellulosiche del legno della canapa si può produrre la carta di uso più corrente, come quella di giornale, o il cartone. Grande pregio della carta di canapa è di non ingiallire con il passare del tempo, come accade invece alla carta da legno. Ciò è dovuto alla sua bassa concentrazione di lignina: infatti nel processo di fabbricazione della carta dal legno di alberi invece il legno spappolato è trattato chimicamente per annullare le proprietà coloranti della lignina, ma con il tempo questo trattamento tende a degradare e la lignina, se esposta alla luce, torna a riflettere le lunghezze d’onda riconoscibili nella fascia del giallo dello spettro visibile. In sintesi, il vantaggio principale di una produzione di carta da piante di canapa piuttosto che dal legno degli alberi è in primo luogo che la canapa non necessita dell’impiego di acidi sbiancanti, che possono produrre diossina e inquinare i fiumi. Ancor più importante, in secondo luogo, è il fatto che un ettaro di canapa fornisce in un anno una quantità di cellulosa sedici volte maggiore di quella ricavata da un ettaro di legno d’albero, ma mentre gli alberi si tagliano solo ogni minimo 12-15 anni, il raccolto della canapa è annuale.

2.3 | I semi di canapa

In termini botanici, i semi di canapa sono piccoli acheni che si sviluppano nei fiori delle piante femminili.  Giunti  alla  maturazione,  verso  fine estate, formano un guscio secco e sottile, di un colore che va dal marrone al grigio con leggere striature. Sono piccoli e di forma ovoidale (lunghezza 3-5mm, larghezza 2-3mm) e di un peso che varia dai 0,02 ai 0,03 g/seme, a seconda delle varietà. Il guscio contiene soprattutto carboidrati rinchiusi in fibre alimentari, che  possiamo  mangiare  ma  non  assimilare,  e clorofilla, che conferisce un colore verde all’olio di semi di canapa. Proteine, grassi e piccole quantità di carboidrati sono immagazzinati in piccole goccioline di olio nelle cellule che costituiscono la maggior parte della polpa. In quantità inferiori troviamo anche vitamine, fosfolipidi, fitosteroli e altro. In paragone ad altri frutti oleosi (nocciole, mandorle, noci ecc.) i semi di canapa possiedono alcuni vantaggi: – l’olio di semi di canapa contiene circa i 75% di acidi grassi essenziali che comprende il 15-20% acido alfa-linoleico di tipo Omega 3, spesso poco presente ma indispensabile per la nostra alimentazione; le proteine del seme contengono tutti gli amminoacidi essenziali in una quantità ottimale e principalmente in una forma facilmente assimilabile; – il loro gusto un po’ nocciolato li rende tanto appetibili quanto nutrienti. Il valore nutrizionale del seme di canapa è stato riconosciuto in Italia dal Ministero della salute nel 2009. I semi di canapa, interi o decorticati, vengono sempre più apprezzati sulle nostre tavole. Possiedono le stesse proprietà benefiche dell’olio e sono un nutriente fonte di proteine nobili, vitamine e minerali. Siccome il seme spesso si attacca tra i denti e può quindi dar fastidio, sono state sviluppate tecniche per decorticare il seme. I semi di canapa, interi e decorticati, contengono rispettivamente circa il 25 ed il 35% di proteine. La proteina della canapa possiede tutti i nove amminoacidi essenziali, mostrando inoltre un alto contenuto degli amminoacidi metionina e cisteina (contenenti zolfo) di solito poco presenti nelle proteine vegetali. La farina di semi di canapa è la polpa finemente macinata, che rimane dopo che i semi di canapa vengono torchiati per estrarne l’olio. Contiene dal 5 al 10% di olio, circa un 30% di proteine e inoltre fibre e minerali.

2.4 | Olio di semi di canapa

Il maggiore contributo alla salute è dato dall’olio di semi di canapa per il suo alto contenuto di acidi grassi polinsaturi e per la proporzione in essi contenuti di Omega 3 ed Omega 6. Gli acidi grassi polinsaturi, che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare, devono essere assunti attraverso la dieta in quantità sufficienti per lo svolgimento di funzioni metaboliche indispensabili, consentendo la sintesi di molecole che intervengono positivamente nei processi infiammatori e nel dolore post trauma. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’assunzione di Omega 6 ed Omega 3 in rapporto di 3:1. L’olio di semi di canapa contiene naturalmente Omega 6 ed Omega 3 nel rapporto ottimale di 3:1 e la sua assunzione non ha controindicazioni. La fonte più nota di questi due acidi grassi è l’olio di pesce, ma a differenza dell’olio di canapa, quello di pesce viene estratto chimicamente (può perciò contenere sostanze contaminanti come mercurio, idrocarburi e metalli pesanti), ha un gusto forte e sgradevole e, per la sua produzione in larga scala, alcune specie ittiche rischiano l’estinzione. L’olio di semi di canapa viene estratto a freddo, per semplice pressione, ha un odore gradevole e un sapore di nocciola, può essere disponibile in grandi quantità semplicemente aumentando le superfici coltivate. L’impiego dell’olio di semi di canapa si sta diffondendo sia come integratore alimentare che ad uso terapeutico nel trattamento di svariate patologie: malattie dell’apparato respiratorio (asma, rinite, sinusite, otite e allergie respiratorie), artrosi, herpes, dermatiti, acne, malattie del sistema immunitario, epilessia, artrite reumatoide, sindrome premestruale, ecc. Viene usato anche nel trattamento dei sintomi della chemioterapia, nella terapia anti-Aids e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

2.5 | Cosmetici alla canapa

L’olio estratto dai semi di canapa è dunque ricco di acidi grassi polinsaturi, di Omega-3 ed Omega6, di acido Gamma Linoleico, di amminoacidi essenziali e di oligoelementi. Un aspetto di particolare importanza il fatto che l’impiego di cosmetici contenenti, nella loro frazione lipidica, acidi grassi insaturi, assicura un effetto ritardante ed elasticizzante progressivo, garantendo quindi un effetto benefico che progredisce col perdurare del trattamento. Inoltre, gli acidi grassi polinsaturi, veicolati in un cosmetico, sono responsabili del mantenimento della giusta idratazione e del corretto equilibrio idrolipidico. Il campo ideale di sfruttamento oggi di tali principi attivi è quello relativo ai prodotti anti-invecchiamento, tendenti a migliorare l’aspetto esterno della pelle e ritardarne, per quanto più possibile, il processo di invecchiamento. Ne trarranno beneficio non solo le pelli senescenti, ma anche quelle molto delicate, o sottoposte ad uno stress di tipo ambientale (luce, freddo, calore, raggi del sole, vento). L’effetto reidratante e restitutivo di elasticità alla cute, apportato dal trattamento con cosmetici contenenti nella loro frazione lipidica acidi grassi insaturi essenziali, è progressivo, cioè progredisce col    perdurare del trattamento. L’olio di canapa è da considerarsi quindi un nuovo (e veramente interessante) lipide per cosmetica, in funzione dell’alto contenuto in acidi grassi insaturi, oltre che varie vitamine. Ricordiamo in particolare l’elevato contenuto di vitamina E, a cui va riconosciuta la funzione antiossidante, in virtù della quale si ostacola efficacemente la formazione di radicali liberi, quindi l’invecchiamento della pelle, e le vitamine del gruppo B, in particolare B1, B2 e B6. L’azione dell’olio di Canapa sulla pelle è anche preventiva degli stati di irritazione e dei processi infiammatori. L’olio di canapa è caratterizzato da una elevata fluidità e dal fatto che penetra molto facilmente. Tra gli olii da massaggio, ad esempio, è certamente da considerarsi il migliore per il fatto che è moderatamente untuoso. L’olio di canapa è pure altamente suggerito quale componente ideale di prodotti solari (specialmente in preparati doposole), di saponi e di creme restitutive ed elasticizzanti. Applicato sui capelli qualche ora prima dello shampoo, inoltre, ridona loro lucentezza e vigore, riequilibrando il cuoio cappelluto; li rende nel contempo morbidi e facili da pettinare.

3 | La coltivazione della canapa

3.1 | Scelta del metodo colturale

La canapa si può coltivare sia in biologico che in convenzionale. Per il mercato dei prodotti della canapa da seme – alimentazione, cosmesi, salutistica  –  le  coltivazioni  certificate  biologiche hanno decisamente più opportunità (anzi per alcune ditte di cosmesi e salutistica, il prodotto certificato bio è un prerequisito). Pertanto suggeriamo anche ai coltivatori in convenzionale di valutare seriamente la  coltivazione  della  canapa  come  occasione  di conversione al biologico.

3.2 | Preparazione del terreno

La canapa è una pianta che predilige terreni freschi e profondi, non teme gelate tardive, mentre soffre particolarmente i ristagni idrici; occorre quindi che le sistemazioni idrauliche siano eseguite correttamente per favorire lo sgrondo delle acque in eccesso. Sono da prediligere terreni non troppo argillosi e/o limosi. Il terreno su cui andrà seminata la canapa deve quindi trovarsi in buone condizioni, cioè ben lavorato, senza avvallamenti o eccessiva zollosità altrimenti si rischia un’emergenza disomogenea che può favorire la proliferazione delle erbe infestanti. Si consiglia quindi:

– un’aratura a circa 30cm di profondità, possibilmente in autunno (sono sconsigliate lavorazioni profonde in primavera, poiché lascerebbero eccessive zollosità e il terreno con una scarsa dotazione di acqua);

– concimazione;

– affinamento, tramite erpicatura, prima della semina. Per il controllo delle infestanti, soprattutto se si intende lavorare in forma biologica, è consigliabile un passaggio in presemina con erpice a maglie.

3.3 | Concimazione

La  canapa  dev’essere  concimata  anche  se non  richiede  eccessive  concimazioni;  sono consigliabili  almeno  60-80  Kg/ha  di  N.  La distribuzioni di tali elementi dev’essere fatta durante le  operazioni  di  preparazione  del  terreno.  Se  si intendono usare concimazioni organiche, a cui la canapa risponde molto bene, si possono utilizzare letame, pollina o liquami o ancora meglio compost fino a un massimo di 30 ton/ha, possibilmente in due  fasi.   L’interramento  di  colture  da  sovescio (crocifere o leguminose) è un’ulteriore pratica utile e  consigliabile  non  solo  per  l’effetto  concimante, ma per la conservazione della sostanza organica nel  terreno  e  per  il  suo  effetto  protettivo  verso infestazioni dannose (funghi patogeni e nematodi). La mancata concimazione è una delle cause principali di produzione di seme vuoto.

3.4 | Semina

Per la produzione di seme è consigliabile utilizzare varietà monoiche con fioritura precoce come Fedora, Felina o Uso-31 il cui sviluppo vegetativo ridotto, l’altezza non dovrebbe superare 1.5-1.8 metri d’altezza e quindi consentire l’utilizzo di normali trebbiatrici. La semina può essere effettuata da inizio a fine aprile. Semine troppo precoci (metà-fine marzo) possono causare prefioriture con conseguente non omogeneità di maturazione del seme, che può portare a perdite elevate al momento della trebbiatura. Ovviamente la semina verrà anticipata o posticipata in base all’andamento stagionale e alla quantità di acqua nel terreno. Una semina tardiva però può presentare diverse problematiche:

  • la necessità di irrigazioni di soccorso, poiché le elevate temperature del periodo potrebbero causare il rapido essiccamento dei primi centimetri di suolo;
  • eccessivo sviluppo delle infestanti in seguito ai ripetuti interventi irrigui, poiché lo sviluppo della canapa nei primi stadi vegetativi è lento: impiega circa 15/20 giorni dopo l’emergenza a coprire l’interfila e verrebbe quindi sopraffatta dalle infestanti;
  • non consentire un sano sviluppo dell’apparato radicale: la coltura si troverebbe in condizioni di stress idrico in due stadi fenologici fondamentali, ossia al momento dello sviluppo dell’apparato fogliare (fondamentale per intercettare luce e quindi produrre energia per riempire il seme) e al momento del riempimento del seme. La semina della canapa può essere fatta con una normale seminatrice da grano ponendo il seme a una profondità di 2-3 cm. Se il terreno fosse troppo secco, dopo la semina è opportuna una leggera rollatura in modo da favorire la conservazione di acqua nel suolo. Si consiglia un’interfila di 13-20 cm per favorire la chiusura dell’interfila il prima possibile e contrastare lo sviluppo delle infestanti. Il quantitativo di seme consigliato è di 35-40 kg/ha, quantitativi inferiori potrebbero compromettere la rapida copertura del terreno e conseguente sviluppo di infestanti. Le capacità rinettanti della canapa, ossia di competizione con le infestanti, sono note praticamente da sempre. Il suo rapido sviluppo le consente di entrare quasi da subito in competizione sia di luce che di acqua con le infestanti che generalmente vengono sopraffatte. E’ di fondamentale importanza la preparazione di un buon letto di semina che consenta una rapida ed omogenea germinazione.

3.5 | IrrigazioneL’irrigazione  della  canapa  normalmente  non L’è  necessaria.  Ma  annate particolarmente siccitose  impediscono  il  riempimento  del seme compromettendo la produzione. In questo caso potrebbero essere necessari interventi di emergenza in prefioritura per far sviluppare un buon apparato fogliare e in post-fioritura, per favorire il riempimento del seme, altrimenti si rischia di raccogliere solo seme vuoto.

 

3.6 | Raccolta del seme

La maturazione del seme di canapa è scalare e trovare l’epoca di raccolta ideale non è semplice. Generalmente la maturazione del seme si fa procedere fino a quando i semi cominciano a cadere a terra, ossia quando la percentuale di semi maturi dovrebbe essere intorno al 70%. Un ritardo eccessivo della  raccolta  potrebbe  comportare  un  sensibile calo di resa dovuto sia alla cascola dei semi che alla presenza  di  uccelli  che  ne  sono  particolarmente ghiotti. E’ altresì consigliabile procedere alla raccolta quando lo stelo è ancora verde poiché le piante secche potrebbero andare ad arrotolarsi intorno agli organi rotativi della trebbiatrice intasandoli e causando il così detto effetto corda. Per la raccolta del seme si possono usare normali macchine trebbiatrici, anche se sono da preferire le macchine che presentano il battitore assiale. Sono inoltre preferibili trebbiatrici con lo scuotipaglia (e senza trinciapaglia che rischia d’intasarsi di fibra). E’ fondamentale che le lame siano ben affilate per evitare che la fibra presente negli steli vada fra la lama ed il batti-lama. Il seme dev’essere messo ad asciugare entro 4 ore dalla raccolta possibilmente in essiccatoi orizzontali e senza fuoco diretto sul seme. In alternativa il seme può essere steso su teli di iuta possibilmente rialzati da terra per favorire l’arieggiamento e contrastare l’insorgenza di muffe sul seme.

3.7 | Taglio e raccolta delle paglie

Il  taglio  e  la  raccolta  delle  paglie  potrebbero presentare alcune problematiche, prima fra tutte l’avvolgimento  della  fibra  intorno  agli  organi rotanti e l’intasamento della barra falciante. Il taglio può essere effettuato con convenzionali barre falcianti preferibilmente a doppia lama, e la raccolta può essere fatta con convenzionali imballatrici (sia tonde che quadre). Prima dell’imballatura è necessario girare gli steli tramite un normale ranghinatore per permettere un’essiccazione  delle  bacchette  più  omogenea  e soprattutto far cadere a terra le foglie rimanenti. In genere gli steli vengono lasciati a terra per almeno 2-4 settimane per favorire il processo di macerazione, ossia la degradazione delle pectine (collanti delle fibre), e quindi facilitare i processi industriali post raccolta come la stigliatura. Se gli steli superano 1.5/2 metri di lunghezza si potrebbe creare il così detto effetto ponte nelle rotoimballatrici (ossia lo stelo eccessivamente lungo ed elastico non si spezza, impedendo quindi la creazione del cuore all’interno della rotoballa che risulterà quindi con un buco centrale).

3.8 | Avversità

Le avversità della canapa possono essere sia di tipo abiotico che biotico. Quelle di tipo abiotico sono le gelate tardive nella fasi giovanili della pianta, mentre il vento forte e la grandine possono compromettere  la  qualità  della  fibra  e  causare l’allettamento  della  coltura.  Periodi  prolungati  di siccità in prossimità della fioritura e dell’allegagione possono portare ad un sensibile calo di resa nella produzione del seme. Le avversità di tipo biotico sono diverse e possono causare danni ma raramente riescono a compromettere la produzione. In ogni caso l’Ostrinia nubilalis, comunemente chiamata piralide del mais, è forse l’insetto più temibile per la canapa. La larva generalmente entra all’interno dello stelo e scava un tunnel lungo lo stelo causando la decapitazione della pianta con danni sia sulla qualità della fibra che sulla produzione di seme. Un altro insetto che può causare danni sensibili con riduzione delle rese in seme sono le cimici (genere Lygus) che attaccano le infiorescenze causando l’aborto del seme. Una massiccia presenza di Orobanche ramosa (Forsh) potrebbe compromettere la resa in produzione di seme. In annate particolarmente piovose nel periodo della trebbiatura possono emergere problemi legati alla proliferazione di funghi Botrytis e i Pennicilium sui semi.

4 | Riferimenti normativi

4.1 | Evoluzione legislativa

Per usi tessili la canapa ha un’antica tradizione in Italia, dov’era usata per realizzare corde e tessuti resistenti. Legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, che l’utilizzavano massicciamente per corde e vele delle proprie flotte di guerra. Si calcola che nella sola Emilia-Romagna, nel 1910 vi erano 45.000 ettari di terreno coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari. Altro importante centro di produzione della canapa nel corso dei secoli è stato Carmagnola, in Piemonte. Fino all’affermarsi delle tecnofibre, la canapa era indispensabile per la marina, per le vele e soprattutto le gomene. Carmagnola diventò il centro non solo di coltivazione, ma anche delle fasi di lavorazione e commercio per l’esportazione verso la Liguria e il sud della Francia, in particolare Marsiglia. Anche l’industria di trasformazione del tiglio di canapa in filato e poi in tessuto ha un’antica origine. Già nel 1876 il Linificio e Canapificio Nazionale era una società quotata in borsa, una delle più antiche e longeve. La coltivazione andò in crisi per la concorrenza, negli usi meno nobili (soprattutto produzione di sacchi), della juta e successivamente del cotone e delle fibre sintetiche. Nel 1975 quando fu inasprito il divieto della coltivazione della canapa indiana Cannabis indica e nello stesso tempo messe in atto severe normative per la canapa tessile, il settore fu del tutto abbandonato. Una difficoltà obiettiva, con il restringimento della normativa contro gli stupefacenti, è data dalla somiglianza morfologica delle due specie di cannabis, nonostante la profonda diversità di contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), il principio con effetti stupefacenti. In Italia, da alcuni anni, la coltivazione della Canapa è tornata ad essere consentita attraverso diversi interventi del legislatore atti a regolamentare una pianta che più volte è stata etichettata come proibita. Più precisamente l’inizio di tali interventi normativi si ha dal 1998, quando la stagione agraria dell’epoca ha consentito a tutti gli agricoltori italiani di poter coltivare canapa a determinate condizioni. Tali condizioni consistono in una serie di parametri che l’agricoltore doveva (e deve tuttora) rispettare per rimanere nell’ambito della legalità e non incappare nella tenaglia della giustizia:

  • la coltivazione deve essere inserita nella denuncia PAC;
  • all’emergenza delle piante, comunicazione della coltivazione alla più vicina stazione delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Finanza, Forestale);deve essere seminata canapa di una tipologia compresa nell’elenco europeo delle varietà con tenore di THC inferiore allo 0,2%, certificata dal cartellino rilasciato dall’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette);
  • il quantitativo di seme impiegato non deve essere inferiore ai 35 kg per ettaro;
  • la resa in bacchetta secca ottenuta non deve essere inferiore ai 15 quintali per ettaro.

 

Oltre ad attenersi scrupolosamente ai suddetti parametri si è sottoposti ad una serie di controlli per la verifica delle quantità di THC presenti nelle piante. Possono verificarsi controlli amministrativi annuali a sorpresa, che possono sempre essere effettuati dalle Forze dell’Ordine. Il quadro normativo italiano che ha disciplinato la canapicoltura, recependo le direttive comunitarie attraverso una serie di provvedimenti, piuttosto vario e complesso. Allo stato attuale le normative vigenti non sono ben chiare e strutturate poiché si è tentato più volte di regolamentare e correggere. Gli interventi effettuati fino ad oggi, purtroppo, hanno solo determinato una serie di problematiche e difficoltà interpretative. In Italia, per la coltivazione della coltura della canapa ad uso industriale (cannabis sativa), dobbiamo osservare la normativa comunitaria europea ed in particolare alcuni regolamenti adottati, a partire dalla fine degli anni 90, dal Consiglio e dalla Commissione, tra cui i più recenti sono:

  • Regolamento del Consiglio n.1234 del 2007, che ha sostituito il Regolamento n.1673 del 2000 nella riorganizzazione di tutti i mercati agricoli comuni;
  • Regolamento n.73 del 2009 del Consiglio, che ha abrogato e sostituito il Regolamento n.1782 del 2003 relativo a norme relative ai regimi di sostegno diretto (disaccoppiamento) nell’ambito della PAC;
  • Regolamento n.1122 della Commissione, che è il Regolamento attuativo dei due precedenti.

L’allegato 1 di questo regolamento disciplina il metodo comunitario per la determinazione quantitativa del DELTA9 – tetraideocannabinolo delle coltivazioni di canapa ovvero il limite di tolleranza del principio attivo. Per quanto riguarda la normativa italiana si fa riferimento a due circolari:

  • Circolare del  MIPAF  n°1  prot.200  dell’8/5/2002

– Regime di sostegno a favore dei coltivatori di canapa destinata alla produzione di fibre;

  • Circolare del Ministero della Salute del 22/05/2009 

– Produzione e commercializzazione di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione umana.

È bene puntualizzare una questione che ha scoraggiato molti che avevano l’intenzione di cimentarsi nella coltivazione di un campo di canapa: non è assolutamente necessario stipulare un pre-contratto con un impianto di trasformazione (anche perché in Italia ne abbiamo solo due e ciò si tradurrebbe in una sorta di monopolio per l’acquisto e la lavorazione del prodotto finale). Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad una notevole produzione di proposte e disegni di legge per adeguare e semplificare il sistema normativo sulla canapa. È della fine del 2015 la notizia dell’approvazione da parte della Commissione Agricoltura del Senato della proposta di legge per il sostegno e la promozione della coltivazione e sviluppo della filiera della canapa. La probabile approvazione in tempi rapidi di tale norma lascia intravedere un potenziale sviluppo dell’intera filiera della canapa, ma bisognerà aspettare di capire quali saranno le strategie applicative di tali direttive legislative. Di seguito il testo della proposta di legge approvata in Commissione Agricoltura.

4.2 | Norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa

(Testo unificato delle proposte di legge C. 1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini, C. 1859 Oliverio e C. 2987 Dorina Bianchi – Testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione nella seduta dell’8 ottobre 2015)

Art. 1 (Finalità)

La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituta di colture eccedentarie e come coltura da rotazione. La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle “varietà ammesse” iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:

  • alla coltivazione e alla trasformazione;
  • alla incentivazione dell’impiego e consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
  • a sostenere lo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;
  • alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
  • alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, realizzazione di attività didattiche e di ricerca..Art. 2 (Liceità della coltivazione)La coltivazione in Italia delle varietà di canapa di cui all’articolo 1, comma 2, è consentita senza necessità di autorizzazione. Dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1, è possibile ottenere:
  • la produzione di alimenti e di cosmetici esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
  • la fornitura di semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
  •  coltivazioni destinate alla pratica del sovescio;
  • materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o diversi prodotti utili per la bioedilizia;
  • coltivazioni finalizzate alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
  • coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;

coltivazioni destinate al florovivaismo.L’uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla lettera b) è consentita esclusivamente per l’autoproduzione energetica aziendale.

Art. 3 (Obblighi del coltivatore)

Il coltivatore ha l’obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi. Ha altresì l’obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.

Art. 4 (Controlli e sanzioni)

Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato a effettuare i necessari controlli, inclusi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo effettuato da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguiti su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attività giudiziarie. Il soggetto di cui al comma 1 svolge i controlli a campione secondo la percentuale annua prevista dalla vigente normativa europea e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

Nel caso di campionamento eseguito da parte del soggetto identificato dal soggetto di cui al comma 1 le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di THC delle varietà di canapa, sono quelle stabilite ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea e nazionale. Qualora gli addetti ai controlli, ai sensi del comma 1, reputino necessario effettuare i campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a effettuarli in presenza del coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all’agricoltore stesso per eventuali controverifiche. Qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento e entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità viene posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell’Unione europea e nazionale di recepimento. Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposte dall’autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al precedente comma 3, verifichino che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell’agricoltore.

Art. 5 (Limiti di THC negli alimenti e nei cosmetici)

Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti.

Art. 6 (Incentivi per la filiera della canapa)

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, destina annualmente una quota delle risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa. Una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata, con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione della canapa, finalizzati prioritariamente alla ricostituzione del patrimonio genetico e alla individuazione di corretti processi di meccanizzazione.

Art. 7 (Riproduzione della semente)

Gli Enti di ricerca pubblici, le Università, le Agenzie regionali per lo sviluppo e l’innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le Associazioni culturali e i Consorzi dedicati nello specifico alla canapicoltura possono riprodurre per un anno la semente acquistata certificata l’anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di piccole produzioni a carattere dimostrativo, sperimentale o culturale previa comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Art. 8 (Sostegno alle attività di formazione, di divulgazione e di innovazione)

Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, negli ambiti di rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione a favore di coloro che operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici canali informativi, le proprietà della canapa ed i suoi utilizzi nel campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della biocomponentistica e del packaging.

Art. 9 (Tutela del consumatore)

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento di un sistema di qualità alimentare per i prodotti derivati dalla canapa ai sensi dell’articolo 16, lettera b) o c) del Regolamento (UE) n. 1305/2013.

Art.  10  (Clausola  di  invarianza  finanziaria)

All’attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5 | Margini economici della canapa

5.1 | Coltivare canapa

Recentemente si nota un risveglio di interessi nei riguardi della canapa. Cerchiamo quindi di capire quale sia la prassi migliore da seguire per diventare canapicoltori ed ovviamente se l’attività di canapicoltura sia sufficientemente redditizia da valere un investimento, a prescindere dall’appezzamento di terreno di cui si dispone. I dati che verranno presentati sono stime approssimative ricavate da un studio effettuato da Toscanapa e Naturfibre e pubblicato nel febbraio del 2014. Per ciò che riguarda la tipologia delle semenze, le più utilizzate in Italia sono le monoiche, ovvero varietà precoci che producono una notevole quantità di seme su ogni pianta. Questa scelta deriva da semplici ragioni di mercato: considerando che attualmente non abbiamo una filiera in grado di lavorare il canapulo (la fibra ed il materiale vegetale) dalla pianta di canapa, le uniche alternative degne di una buona valutazione economica sono le lavorazioni delle infiorescenze e del seme, soprattutto per la produzione di olio, di farine per i prodotti da forno, della birra o per estrarre il CBD (Cannabidiolo). Attualmente il costo di una balla di canapa è irrisorio, si aggira attorno alle 150 euro a tonnellata. Inoltre a questa cifra dobbiamo aggiungere i costi per il trasporto verso l’impianto di trasformazione di Assocanapa a Carmagnola (TO). Le varietà concesse sono quelle iscritte nel registro europeo e la loro principale caratteristica è quella di avere un basso contenuto di THC (per legge deve essere inferiore allo 0.2%). Si consiglia pertanto di orientarsi verso le varietà di semenze provenienti dall’est Europa come la Uso31, o dalla Francia attraverso la Futura75. Tali varietà possono essere acquistate all’estero attraverso gruppi di acquisto istituiti da alcune associazioni presenti in Italia. Tenendo sempre in considerazione che la quantità da acquistare per ettaro non dovrà essere inferiore ai 35-50 kg/ha (stima approssimativa per avere una buona densità di piante, circa 100 piante al m2). Entrando nei dettagli della coltivazione della canapa, non si può stimare un costo di lavorazione valido per tutti a causa della variabilità della topologia del suolo e della sua tipologia. In generale, si può considerare una spesa approssimativa di 200 euro per la preparazione del terreno e la concimazione.

Per prima cosa è necessario arare in superficie per predisporre il letto di semina, a circa 15/20cm di profondità, tenendo presente che non sono necessari eccessivi fertilizzanti, salvo in quei terreni dove la precedente coltura ha sfruttato tutto il nutrimento fornito dal suolo. La concimazione dovrà essere totalmente biologica e priva di additivi chimici. I trattamenti per diserbare sono inutili oltre che dannosi per la terra: la canapa è una pianta infestante e vincerà naturalmente la competizione con le altre piante. Inoltre non è necessario l’utilizzo di antiparassitari poiché possiamo inserire in apposite zone del campo piante che attirino gli insetti benefici che si nutrono di cimici ed afidi. L’irrigazione non è assolutamente necessaria, salvo nei periodi di forte siccità. Scegliere il periodo della raccolta è fondamentale per non perdere troppo prodotto (seme) nel campo; se si considera che le varietà monoiche sono precoci, per esempio se piantassimo a fine marzo, saremmo in grado ad inizio settembre di iniziare la mietitura. Di seguito verrà presentata un’analisi dei costi e dei ricavi medi derivanti da un ettaro coltivato a canapa. Numerose variabili possono influire sulla resa finale, quali varietà impiegate, tipologia terreno, precedenti colture, non ultima le condizioni atmosferiche dell’annata agraria. E’ comunque parere diffuso in rete che sia ragionevole stimare la resa di un ettaro di canapa tra i 100 e i 130 quintali di paglie e tra i 6 e gli 8 quintali di semi (fonte Assocanapa). A questo bisogna aggiungere che per le successive annate si prevede il miglioramento della resa della coltivazione successiva alla canapa (in genere favorisce un incremento di produzione compreso tra il 10 e il 30%, in conseguenza dell’arricchimento dello strato superficiale del terreno).

5.2 | Costi e ricavi medi per un ettaro coltivato a canapa

  • Costo del seme (kg 50 x euro 5,50 kg + iva): euro 300
  • Concimazione, lavorazione del terreno e semina: euro 200
  • Mietitrebbia: euro 100
  • Falciatura e andanatura: euro 140
  • Rotopressa: q.li 100 (= 40 rotoballe da q 2.50) – q.li130 (= 52 rotoballe da q 2.50 X 3 euro): euro 160,00 / euro 208,00

Il costo del trasporto è di più difficile previsione, essendo variabile a seconda della distanza dal primo trasformatore, della quantità trasportata, della ditta e dell’urgenza del trasporto. Importante sapere comunque che un bilico senza rimorchio carica 100 q.li, mentre con rimorchio 200; tuttavia il volume delle rotoballe non permette un pieno carico: al max 80 q.li (con rimorchio 160 q.li), mentre se si caricano balle quadrate si può sfruttare il pieno carico. Indicativamente risulta verosimile considerare il costo della spedizione intorno ai 700 euro per tratte da circa 500km. Assocanapa offre un contributo di 1,50 euro a quintale trasportato fino al proprio stabilimento di Carmagnola, che corrisponde orientativamente a 200 euro sul trasporto delle paglie.

Sintesi dei costi in media per ettaro:

Costi agricoli: euro 900

Costi trasporto euro 700 – 200 = euro 500

Totale costi euro 1400,00

 

Per quanto riguarda i ricavi, invece, le paglie di canapa in rotoballe da consegnare all’impianto di prima trasformazione vengono pagate euro 15 al quintale, mentre i semi 1,50 euro/kg (1,80 euro/kg se certificato biologico). Risulta quindi veritiero aspettarsi un guadagno tra i 1500 euro e i 2000 euro dalla vendita delle paglie di canapa e tra i 900 euro e i 1200 euro dai semi (tra i 1100 e i 1500 euro se certificato biologico).

Sintesi dei ricavi in media per un ettaro coltivati a canapa:

Ricavi paglie: 1500 – 2000 euro

Ricavi semi: 900 – 1200 euro

Totale ricavi: 2400 – 3200 euro

I conti sopra riportati, che sono stati confermati da numerosi agricoltori di diverse regioni italiane, non considerano il contributo PAC, che oggi è pari al sostegno per i cereali, e quindi varia a seconda delle zone d’Italia, da un minimo di 200 a un massimo di 400 euro/ha.

5.3 | Possibili scenari aziendali

Per concludere possiamo asserire che l’attività del canapicoltore è sicuramente ostica come tutti i lavori a contatto diretto con la terra, ma, rispetto ad altre colture, risulta molto meno dispendiosa (in termini economici e di forza lavoro). Molti sconsigliano di coltivare piccoli appezzamenti ma bisogna tenere presente che i circa 1000 ettari coltivati in Italia (dato di fine 2014), sono costituiti proprio di piccole realtà di uno o due ettari al massimo, mentre i grandi appezzamenti che esistono sono pochissimi e sparsi. I dati che seguono non considerano eventuali costi di manodopera (braccianti), né i costi-lavoro in generale; inoltre, per poter avere un buon raccolto anche in estati particolarmente calde, è necessario fornire irrigazione. I precedenti calcoli applicati ad un’azienda di 6 ettari diventano:

Ricavi Paglie: 9000 – 11700 euro

Ricavi Semi: 5400-7200 euro

Costi Agricoli: 5400 euro

Costi Trasporto: 2100 – 2800 euro

Contributo Assocanapa: 900 – 1170 euro

Contributo PAC: 1200 – 2400 euro

Totale Ricavi: 16500 – 22470 euro

Totale Costi: 7500 – 8200 euro

Guadagno: 9000/14270 euro

I maggiori ricavi si hanno tuttavia con la spremitura a freddo del seme per ricavarne olio (oggigiorno il prezzo di mercato per 250ml di olio di canapa è di circa 10 euro), oppure con la destinazione del raccolto alla produzione di farine, avvalendosi della collaborazione di un mulino per la macinatura dei semi raccolti. Stando all’esperienza di canapicoltura. it, da 22kg di semi sono stati ricavati 4 litri di olio e una decina di kg di farina. Se l’azienda decidesse perciò di investire nell’acquisto della strumentazione necessaria, rinuncerebbe agli introiti derivanti dalla vendita del seme (5400 – 7200 euro, ma da ogni ettaro si ricaverebbero tra i 100 e i 150 litri d’olio, e tra i 250 e i 350 kg di farina.

Prendendo come riferimento il prezzo di 30 euro/l per l’olio e di 3 euro/kg per la farina, risulta:

Ricavi Paglie: 9000 – 11700 euro

Costi Agricoli: 5400 euro

Costi Trasporto: 2100 – 2800 euro

Contributo Assocanapa: 900 -1170 euro

Contributo PAC: 1200 – 2400 euro

Vendita Olio: 18000 – 27000 euro

Vendita Farina: 4500 – 6300 euro

Totale Costi: 7500 – 8200 euro

Totale Ricavi: 33600 – 46370 euro

Guadagno: 26100 – 38170 euro

Ovviamente questi sono calcoli ipotetici che si basano su stime e che non considerano i costi per l’acquisto della strumentazione necessaria all’elaborazione dei semi, nonché dei costi necessari ad intraprendere una strategia comunicativa vincente. Inoltre in una coltivazione sperimentale condotta dalla Cooperativa Sociale El Tamiso di Padova si è riscontrato una resa di 100–120 q/ha di paglie (e dunque in linea con i valori trovati in diverse fonti), ma una resa in semi molto differente (2-4 q/ha a differenza dei 6-8). Le fasi di lavorazioni inoltre risultano più costose, in particolar modo la trebbiatura (300 euro/ha anziché 100 euro/ ha), non essendoci strumenti agricoli specifici per la canapa, ma vengono adattati e utilizzati quelli specifici per altre colture.

6 | Considerazioni finali

Attualmente vi sono anche altri impieghi della canapa, come l’estrazione del CBD per la produzione di oli essenziali che trovano numerosissime applicazioni in campo medico e nutraceutico, o come l’impiego delle infiorescenze per ottenere birra artigianale. Nonostante le estrazioni di oli essenziali abbiano avuto un notevole incremento a partire dai raccolti del 2015, non è scontato che i prodotti derivati dalla canapa abbiano nel mercato il successo che innegabilmente meritano. Per ovviare a questa incertezza e precarietà, i passi intrapresi (seppur timidamente) dalle istituzioni sembrano cercar di dare una risposta alla necessità di creare una filiera efficiente in grado di abbassare i costi di produzione e stimolare la rinascita e lo sviluppo di un mercato che in passato ha permesso all’Italia (per questioni climatiche, morfologiche, ma anche culturali) di primeggiare a livello mondiale. Contemporaneamente deve svilupparsi a livello aziendale l’interesse e la volontà di prendersi cura del territorio. L’azienda in grado di integrare produttività e tutela ambientale (vista quest’ultima come condicio sine qua non e non come voce di spesa indesiderata), nonché di applicare un’efficace commercializzazione dei propri prodotti, sarà in grado di inserirsi con una strategia vincente nel mercato e contemporaneamente porsi come esempio da seguire, contribuendo a stimolare una filiera di cui oggi si parla principalmente per il potenziale non realizzato. Questo elaborato spera di esser riuscito a fare un po’ di chiarezza per chi volesse intraprendere la strada della canapicoltura, ma spera anche di essere fonte di ispirazione per chi volesse cimentarsi con i prodotti derivati dalla canapa. Nonostante il potenziale inespresso, la canapicoltura si presenta già oggi come una coltivazione remunerativa, soprattutto se ci si fa carico del lavoro di prima elaborazione dei semi. Oggi stiamo assistendo ad un risveglio di interesse nel settore, facilitato anche dalla ricerca di soluzioni per la crisi economica e sociale che stiamo vivendo. Non bisogna però farsi prendere dall’entusiasmo: la strada è ancora lunga e tortuosa; prima che la canapicoltura possa offrire una valida alternativa per l’agricoltura italiana, c’è bisogno di investimenti da parte delle istituzioni nazionali ed europee per diffondere lo sviluppo del prodotto canapa da parte delle piccole imprese, siano esse agricole o di trasformazione, che dovranno fare dell’eccellenza il loro marchio di fabbrica. Nel frattempo, le strategie aziendali che possono essere intraprese sono molteplici. Una di queste, a mio parere vincente, è basata sulla differenziazione della produzione, soprattutto per una realtà agli esordi. La canapa è ottima per arricchire i terreni lasciati a riposo, che in questo modo potrebbero essere comunque produttivi. Nel restante appezzamento si potranno così coltivare prodotti più tradizionali, che abbiano bisogno di simili lavorazioni (cereali), magari di varietà ricercate, in modo da valorizzare sia culturalmente che economicamente la propria produzione. Questi prodotti infatti consentono una rendita certa senza troppi intoppi, oltre ad essere più economici per quanto riguarda le fasi di lavorazione. In questo modo ci si difenderà dai rallentamenti che colpiscono oggi la canapicoltura, pronti invece ad aumentare il terreno da destinarle nel momento si dovesse vincere la scommessa sulla canapa.

Fonti

  • http://www.assocanapa.org/
  • http://www.canapaindustriale.it/
  • http://www.dolcevitaonline.it/
  • http://www.enjoyrolling.org/
  • http://www.foodsativa.com/
  • http://www.greenme.it/
  • http://www.growmaps.it/
  • https://it.wikipedia.org/wiki/Canapa_(tessile)
  • http://www.legalizziamolacanapa.org/
  • http://www.lucanapa.com/
  • http://www.naturfibre.net/
  • http://www.toscanapa.com/
  • http://www.usidellacanapa.it/
  • http://www.usomedico.it/
  • http://www.verdesativa.com/

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